Fare urbanistica dopo la crescita: riorganizzare gli spazi della produzione, riqualificare gli spazi aperti, gestire la convivenza con i processi di abbandono.
Il caso del distretto ceramico di Sassuolo
Dopo una lunga stagione di crescita estensiva, i territori dei distretti industriali mostrano l’emergere di nuove dinamiche. In alcuni casi, per effetto dei processi di globalizzazione della produzione assistiamo al trasferimento di numerosi segmenti di attività verso i paesi dove è inferiore il costo del lavoro, col conseguente svuotamento di spazi e infrastrutture, e il manifestarsi di diffuse dinamiche di abbandono. In altri casi, la riorganizzazione innovativa di alcune filiere produttive e l’emergere di nuove medie aziende leader generano nei territori nuove forme di domanda immobiliare, localizzativa e infrastrutturale che non sempre trovano risposte adeguate negli strumenti urbanistici esistenti.
In tale quadro, il laboratorio propone una riflessione su una porzione di urbanizzazione emiliana, caratterizzata dalla presenza del distretto industriale di Sassuolo – uno dei principali poli di produzione ceramica al mondo – interessato nell’ultimo decennio da marcati processi di riorganizzazione dei processi produttivi e da fortissime dinamiche di sottoutilizzo e dismissione degli spazi produttivi. In questo territorio gli studenti saranno invitati a svolgere un esercizio di progetto che interesserà più scale – muovendosi a seconda degli ambiti di studio dal territorio vasto, al tessuto edilizio, al singolo manufatto edilizio – e che si articolerà lungo tre principali traiettorie.
Una prima linea di lavoro sarà rivolta alla riorganizzazione dello spazio della produzione, e implica una riflessione sulle forme del riuso dei tessuti, dei suoli e degli edifici, sulla possibilità di localizzare nel territorio del distretto i nuovi formati produttivi, sulle domande emergenti nell’ambito delle imprese e del mercato immobiliare. Gli studenti saranno invitati a lavorare attraverso operazioni di sottrazione, sostituzione, aggiunta e infiltrazione di nuove funzioni. Una particolare attenzione verrà posta, più che alla composizione del singolo manufatto architettonico, alle relazioni tra i diversi edifici e tra gli edifici e gli spazi aperti, con riferimento a questioni diverse: la mixité funzionale, la sostenibilità e le prestazioni ecologiche, l’articolazione e l’arricchimento dei paesaggi dell’abitare e del produrre.
Una seconda linea di lavoro sarà rivolta al trattamento degli spazi aperti – siano essi lo spazio della strada industriale o commerciale, lo spazio incolto e abbandonato rimasto intercluso tra i capannoni, o lo spazio agricolo o dell’alveo fluviale verso cui si affacciano gli edifici industriali – teso tanto alla valorizzazione della loro naturalità e del loro ruolo ambientale, quanto al rafforzamento del contributo che essi possono dare alla costruzione di nuove condizioni di urbanità. In particolare si dovrà porre attenzione alla precisazione dei rapporti tra spazi aperti rurali e tessuti urbanizzati, tra spazio pubblico e spazio privato, tra luoghi centrali e infrastrutture.
Una terza linea di lavoro sarà infine dedicata allo studio di tutti quei tessuti urbanizzati, suoli e manufatti che per loro caratteristiche non potranno essere riutilizzati secondo le due linee precedentemente esposte, e che porranno quindi la questione di una convivenza tra le attività umane e lo scarto, il rifiuto, la rovina. Si tratterà in particolare di selezionare porzioni di urbanizzato da destinare a una sorta di declino programmato, e di disporre misure di demolizione selettiva, di bonifica e di rinaturalizzazione che sappiano misurarsi con le limitate risorse disponibili e che sappiano prefigurare un paesaggio adeguato e compatibile con gli scenari di sviluppo futuro del distretto.
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